“IL VERDETTO DEL PESCE”

Manca davvero poco, sabato pomeriggio infatti conosceremo che si prenderà lo scettro del re del tour de pance 2014, davvero molti i pretendenti al titolo a dispetto di quelli che pensavano che i giochi erano già terminati dopo che lo strapotere sulla strada del Ciucciarodelle aveva messo a tacere tutti, ma la formula del gran finale di questa edizione potrebbe sul serio far ricordare quel 2006 col colpo di scena finale di Giampa ai danni del grande Cannibal, il quale dominò il tour dall’inizio alla fine, salvo poi inchinarsi a malincuore per il verdetto del rischiatutto, fu la prima volta che la fortuna decise il vincitore al TDP, attenzione che non succeda che proprio costui si riprenda il maltolto.. :-)     Detto questo, di seguito cercheremo di descrivervi come funzionerà la tappa, in più vi prospetteremo un approssimativo calcolo di probabilità di vittoria dei vari personaggi ancora in gioco, ma tutto questo andrà preso con le pinze, anzi con le canne… :-)     Come dicevamo avremo una lista di teste di serie calcolati in base alla probabilità di vittoria ( comunicati a breve ), i quali andranno abbinati ad ad altre 2 persone pescati a sorte che andranno a formare appunto squadre di 3, in questo modo non si troveranno assieme personaggi che potranno vincere il tour.   la tappa partirà alle ore 15 dal ponte romano di Ceniga, si arriverà al lago di bagatol dove quando tutti e tre quelli di ogni squadra saranno arrivati potranno pescare (solo uno per squadra ), le canne saranno già posizionate con tanto di esca, non bisognerà far altro che aspettare che abbocchi il pesce.    Per l’occasione ci saranno arbitri attenti che siano arrivati tutti della squadra e che la pesca sia regolare, dopo tramite una bilancia di precisione si procederà al peso.   La squadra che pescherà per prima il pesce avrà vinto la tappa coi relativi punti che si assegnano come la caccia al tesoro, a seguire le altre squadre sino a che tutti avranno pescato, poi si  comincerà a pesare.   La cosa che interessa a tutti sapere è il bonus del pesce, bene, solo la squadra che farà registrare il pesce più grosso avrà il bonus di 500 punti (a tutti e tre i componenti), che andrà poi sommato ai punti di tappa, se qualcuno di questa squadra poi avrà giocato perché ancora in possesso della soccial’ card raddoppierà l’intero bottino, verosibilmente questo gli consentirà di vincere il tour, ma andiamo a vedere di seguito il prospettino…

CIUCCIARODELLE ( probabilmente gli basterà anche un modesto piazzamento di tappa )
ENRIQUEZ ( dovrà pescare il pesce più grasso )
EL VERDURER ( pesce grasso )
CIUCCIARODE ( pesce grasso )
WALTER L’OMBROSO ( pesce grasso )
CAPITAN UNCINO ( con soccia’l vittoria di tappa a patto che Ciucciarodelle si piazzi male oppure pesce grasso )
ALDO G ( pesce grasso )
PANTUNA ( pesce grasso )
MAGO G ( piazzamento migliore di Ciucciarodelle e pesce grasso )
PANZSTRONG ( come capitan uncino ma con Ciucciarodelle ultimo o pesce grasso )
NICO ( come Mago G ma con notevole distacco alla squadra del Ciucciarodelle  )
GIAMPA ( uguale ma sempre più distacco al Ciucciarodelle )
EL TRIBULA ( necessita quasi di vittoria di tappa, pesce grasso e disfatta di Ciucciarodel
TAENG MO ( uguale al precedente ma con distacco improbabile al Ciucciarodelle )
NITRO ( vittoria di tappa, pesce grasso e Ciucciarodelle allo sbando )
COCI (soccia’l più pesce grasso e non arrivare tra gli ultimi )
CECIDO ( stesso discorso ma piazzamento discreto )
OTTO ( uguale ma sempre meglio piazzato, anche dietro sei posizioni dal Ciucciarodelle )
TARCI ( deve fare meglio, ma può perdere sino a cinque posizioni dal Ciucciarodelle )
IL CICLONE ( s0ccia’l+pesce+ qualche posizione davanti al Ciucciarodelle )
GIGGI (  uguale, ma quasi costretto a vittoria di tappa e tutti annessi )
FRANZ ( sempre più costretto a vincere )
CANNIBAL-HEIDI-SQUALO ( soccia’l con vittoria di tappa, pesce grasso e Ciucciarodelle
lasciato  dal secondo posto in giù, possibilità di vittoria paradossamelte superiori a quelle
del Mago.Panstrong,Nico,Giampa,El tribula, Taeng mo, e Nitro )

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“LE MALEFATTE DEL MAGO”

Chi non ha mai giocato con il lego da piccolo ? Era facile trasformare una casetta per poi magari trasformarla in un ponte o chissà cos’altro, dipendeva tutto dalla fantasia che uno ci poteva mettere nell’assemblare quei magici pezzi…

“Dai aiutami! dammi una mano a rimettere la questa maledetta ruota al suo posto” Il tribula era assolutamente in preda al panico, era entrato in una sorta di allucinazione, la sua bicicletta aveva perso ormai le sembianze del mezzo col quale si era presentato al via della tappa, il mago non avrebbe immaginato che un innocente scherzetto al rivale si sarebbe poi trasformato in quella strana odissea.  Poco prima della partenza infatti gli aveva semplicemente allentato la leva della ruota per fermare il suo impeto, il Tribula si sentiva pronto per quella gara, al contrario del Mago si era preparato bene, ma non abbastanza per sostenere una pressione psicologica di quel tipo, e il Mago accortosi della strana situazione si fermò e tornò indietro incredulo, davanti ai suoi occhi non c’era più una bicicletta ma uno strano marchingegno in verticale, assomigliava molto ad una vecchia macchina tessitrice, il Tribula tremava e continuava ad aggiungere i pezzi smontati del suo mezzo senza una logica.  “Guarda cosa hai fatto!” ripeteva al Mago esterefatto, “adesso me la rimetti com’era prima”, ” ehm…sarà un po’ difficile..” ribattè il mago che poi non trattenne una sonora risata.   ”Ma cosa diamine hai fatto, calmati e prendi il respiro” il Tribula sembrava invasato e continuava a costruire un improbabile figura che tutto assomigliava fuorché ad una bicicletta.    Il mago dovette ricorrere alle maniere forti e gli piazzò una sventola per riportarlo alla realtà, gli ci vollero almeno dieci minuti ma alla fine  ricostruì la bicicletta che era prima, il Tribula ripartì a tutta col mago che in preda a sensi di colpa gli dava il cambio, ma la sua condizione alla fine lo fece desistere, appena in tempo per raggiungere un altro compagno di sventura, l’Aldo, costui si stava dirigendo già nella direzione sbagliata, altro scherzetto del mago, che ora cercava di riparare a tutto ciò, in altri momenti avrebbe proseguito diritto, ma dopo aver visto i grotteschi effetti recati al Tribula non se la sentiva più di perseguire il suo diabolico piano per annientare gli altri.   Lo sapeva, se ne rendeva conto, li trovò uno ad uno lungo la salita, a chi aveva semplicemente smollato la sella se lo ritrovò con un monopattino, a chi aveva allentato la catena, lo incontrò in sella ad un monociclo, poi via via che la strada continuava altri personaggi con i più assurdi assemblaggi, l’aveva fatta grossa.   Li aiutò tutti a ripristinare il mezzo come aveva fatto col Tribula,  si sentì quasi un benefattore, non si rese che quel giorno con quelle semplici malefatte aveva dato via alla più grande surreal-art nel teatro a cielo aperto dei boschi del Trentino.

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IL CORNO E IL VELO

Niente paura, è solo una salita, va bene un pò birichina ma non è certo un Mortirolo o uno Stelvio..     Dopo la pausa meritata di agosto il TDP torna con l’inedita salita del monte velo dal sentiero del corno, una “cima Coppi” di tutto rispetto, ma che non deve infondere panico come si è sentito dire in giro, inoltre abbiamo pensato di accorciarne il tragitto con un breve trasferimento da Bolognano sino all’imbocco della forestale, e poi l’arrivo sarà all’incrocio con la strada del velo, quindi si tratterà di circa 7 km di fatica.  Qui sotto una breve descrizione, premettiamo che il ritrovo al giorno 10/09 sarà fissato alle ore 18 a Bolognano in piazza della chiesa, mentre per la fascia pro-tetta, o chi volesse prendersela in tutta tranquillità, potrà partire un ora prima prendendosi i tempi dal punto di partenza all’arrivo che leggerà qui sotto.   Abbiamo pensato poi di prenotare la cena per chi vorrà fermarsi ( prenotarvi sin d’ora grazie ) all’agritur Marosi.

La tappa partirà dalla piazza della chiesa di Bolognano. Li si affronteranno i primi 500 mt sulla strada principale per poi immettersi sulla destra per la strada del Corno (denominata Via del Cacciatore). Da li comincia la strada vera e propria del Corno. Si farà circa 1 km ancora su asfalto e poi comincerà lo sterrato. Dallo sterrato ci sarà 1 km per arrivare ad una stanga. Le pendenze fino a li saranno abbastanza dolci. Superata la stanga si girerà a sinistra e da li cominciano le pendenze impegnative. Si percorreranno circa 5 km di salita e gli ultimi 2 con pendenze abbastanza importanti. Finita la salità si arriverà al bivio da dove noi andremo a sinistra in direzione Velo (non andate a destra in direzione S. Barbara!). Poi altri 500 metri in leggera salita e li comincerà finalmente a scendere. Si supererà un’altra stanga e prima di arrivare sulla strada asfaltata del Velo ci sarà l’arrivo.
Il tempo minimo di percorrenza per i primi sarà circa di 50/60 minuti e visto la lunghezza ci saranno distacchi importanti e il chiudi pista arriverà intorno ad 1h 30/ 1h45.

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“la playa del silencio “

” La playa del silencio “

“Parabàrabarabapà..parabàrabaparabapà..” Laura si stava assopendo con la dolce brezza marina tra le palme che orlavano la splendida baia ricoperta di una sabbia bianca finissima, quella melodia portata dal vento gli sembrava familiare, sembravano trombe, il ritornello era un po’ un tormentone ma faceva molto di festa locale, non se ne curò, si rituffò nell’acqua turchese, in poco tempo sarebbe arrivato il suo lui.      Francisco era felice della scelta, dopo un duro anno di lavoro nell’officina del fabbro, aveva bisogno proprio di un sano relax, come anche le sue orecchie che, nonostante erano spesso coperte dalle cuffie, non reggevano più tanto bene allo stress del rumore, quello era il posto ideale, Laura aveva colto nel segno.      Avevano messo via i risparmi di un anno per andare sin laggiù a sposarsi, il posto lo avevano visto in uno di quei programmi di viaggio alla televisione, altre coppie ci erano già andate, per lo più italiani, Playa silencio  si presentava come un paradiso tropicale e poi non aveva quei fastidiosi bar con musica a tutto volume sulla spiaggia, insomma quello che desideravano per stare tranquilli.     Lo chiamavano El ciuccia,, era un immigrato italiano che sbarcava il lunario suonando con la sua orchestrina itinerante nei posti turistici del sud del Mexico,di solito però le sue apparizioni duravano poco perché i carabinieros locali lo allontanavano spesso per molestie rumorose segnalate da qualche turista.  Fondamentalmente era un genio incompreso, la sua musica non era poi malvagia, trametteva allegria, ma dovevi aver bevuto almeo 4 o 5 tequila.    A Playa silencio non era ancor arrivato, lì i controlli erano molto frequenti, al massimo si vedeva qualche venditore ambulante come El tribulas che vendeva sombreri di cartongesso o come el verdureros, altro meticcio mezzo italiano che cercava di piazzare le sue papaie vicino agli scogli, ma erano tranquilli.    I due guardiani della spiaggia rastrellavano la zona alle prime luci del giorno.   “Ohie amigo, tiengo que cambiar l’agua a les olivas” esclamò Enriquez verso il collega, un certo don tarci, il quale completamente diverso dal primo, controllava minuziosamente ogni granello di sabbia che non fosse fuori posto mentre l’altro, l’Enriquez si distraeva troppo spesso al passare di natiche femminili, in più alle volte lasciava passare qualche locale previa una piccola mancia.   Alle nove del mattino già diversi turisti praticavano jogging sul litorale, c’era sempre un tipo molto curato, un edone di origine polacca, si ricopriva di gel che faceva risaltare una muscolatura invidiabile, almeno sino alla pancia, da lì in poi si notava un certo rilassamento, Laura sorseggiava la sua spremuta di frutti della passione ma si sentiva un po’ inquieta, mancavano due giorni al matrimonio, lo avrebbero consumato sul bordo meridionale della baia, una struttura di bambù tra le palme di cocco dove ci potevano stare anche un centinaio di persone, davvero un sito eccezionale per pronunciare il fatidico sì.    “Parabàrapaparabapà…parabapàraparaparapà….he eh ! ” a quel suono il gendarme Octavio scattò come una molla, stava facendo una siesta vicino al villaggio turistico ma si destò annusando la preda, lo rincorreva da una settimana, El ciuccia per lui era un pericolo pubblico, gli era già sfuggito in due occasioni, era più veloce di lui ma stavolta voleva prenderlo di sorpresa.   Si nascose dietro un cactus e vide solo don tarci che  scrutava l’orizzonte con un binocolo, El ciuccia non poteva essere passato di lì.      ” Vamos vamos Enriquez ,  te pago tequila, venga venga, solo una oras en la playa vamos ! “ Enriquez si guardò intorno non c’era nessuno e lo lasciò entrare dalla staccionata,  lui fece un cenno di approvazione e tirò fuori subito la tromba, poi quatto quatto si diresse alla baia, pullulava di turisti,gli spuntò un sorriso sotto i baffoni.    Laura stava raccogliendo conchiglie in riva al mare, ad un certo punto si vide arrivare incontro un uomo con tanto di poncho e sombrero, lui sorrise ed estrasse la trombetta, in men che non si dica suonò il tormentone saltando come una molla, lei si piegò in due dallle risate, poi lo vide stramazzare al suolo, Octavio il gendarme lo aveva steso con un randello di bambù, gli strinse le manette ai polsi.  “Signore, per favore lo lasci, non ha fatto niente di male” disse Laura guardando il povero suonatore a terra,  ” Ma seniora el tio es una calamidad ! no tiene creanza !” ribattè Octavio.   Laura strinse le spalle ed esordì quasi supllicandolo ” La prego…mi piace la sua musica e…mi piacerebbe che suonasse per il mio matrimonio domani…la prego” El ciuccia non credette alle sue orecchie, il gendarme lì per lì non seppe cosa fare, era finalmente riuscito a catturarlo ma quella giovane donna le chiedeva di liberarlo.   ” Seniora, no tiene idea que va a pasar! “ ma Laura fece gli occhi dolci e Octavio  mollò la presa, alle volte la fortuna ti passa accanto e non la riesci ad afferrare, invece per la sfiga non devi fare niente, ti salta addosso….    Mentre il gendarme Octavio si allontanava scrollando le spalle, El ciuccia rimase impalato per un pò incredulo, poi con un filo di voce sussurrò: “Grazie…ma io..” Laura a sua volta:“ma lei non è messicano..”  “vede io vivo qui da un pezzo ma…gli italiani come noi non li vedono di buon occhio,…forse perchè abbiamo troppa fantasia, chissà..” Laura allora quasi si commosse e gli ribadì l’intenzione di invitarlo il giorno seguente per rallegrare la cerimonia con la sua musica, naturalmente non dovette pregarlo a lungo.    la sera laura disse al suo promesso sposo che aveva trovato l’orchestrina giusta per la festa, lui si complimentò con lei, si fidava ciecamente delle sue iniziative, si immaginava già la festa, chiuse gli occhi.   La mattina seguente, Laura si era svegliata prestissimo, le sembrava addirittura di non aver dormito, forse aveva semplicemente sognato ad occhi aperti, francisco dormiva ancora, grazie anche al fatto che aveva dei specie di tappi nelle orecchie, un abitudine che non riusciva ad eliminare, soffriva grazie al suo lavoro di disturbi audio-allucinatori, a volte il rumore lo portava ad una sorta di schizzofrenia e paura, ma in quel posto non doveva temere, almeno sino a quel giorno.     Come tutte le mattine un vascello caratteristico attraccava a poche decine di metri dalla baia, era una altra attrazione turistica, invenzione guardacaso di un italiano che impersonava il famoso Capitan uncino della favola, portava le famiglie con i bambini all’isoletta di fronte, l’imbarcazione era davvero bella con pupazzi raffiguranti i pirati in cartongesso.    Laura era proprio lì quando scese l’omonimo capitano, anche lui aveva dei baffoni appariscenti e anche lui aveva un 69 tatuato sul braccio, quel segno lo aveva già visto dipinto su altri personaggi della baia, aveva una strana impressione, come se tutte quelle persone che aveva conosciuto facessero finta di non avere a che fare tra di loro, ma che invece avessero avuto un passato in comune, mah..    ” Olà seniorita ! quiere un sombrero?” era El tribulas, ma il capitano lo mandò via con un cenno della mano in malo modo.  ” Ma no non faceva nulla! “ disse Laura, “Sì signora ha proprio ragione, costui non fa proprio nulla, al massimo rompe le scatole” ” Ma…anche lei è italiano?” ” Eh sì, siamo in diversi qui a Playa silencio, anche quello là vede la in fondo?” Laura si girò e vide un omino che gonfiava piccole mongolfiere col gas elio, era un po’ brizzolato, sulla cinquantina e anche lui portava quel numero sul berrettino.   Erano quasi le otto del mattino, era ora di tornare nel bungalow, Francisco si sarebbe svegliato da lì a breve, mentre ritornava le si avvicinò il guardiano : ” Qualcuno per caso le ha recato disturbo?” chiese gentilmente donl Tarci mentre controllava se le foglie della siepe fossero tutte rivolte verso il mare, “Ma no, anzi!, sono tutti così simpatici qui..” El tarci sorrise educatamente e girò i tacchi per vedere se il compare Enriquez non si fosse distratto ancora con quella signora milanese, lui come tanti altri non era realmente interessato al lato sessuale della faccenda ma cercava di trovare la sponda buona per ritornarsene in Italia, quasi tutti lì erano naufragati dalle loro vite, ma dopo un pò avrebbero voluto fare ritorno, solo uno sino adesso era riucito, era El pantunas, vendeva quadri sulla playa, un giorno si nascose in una cambusa di una nave in partenza ma si dovette appiattire così tanto, che quando arrivò in Europa lo scambiarono per un quadro, ora si trova nel museo del Louvre a Parigi.    Francisco era già vestito, non vedeva l’ora di festeggiare il loro matrimonio, laura era sorpresa, non si aspettava di vederselo già così pronto, allora gli disse di aspettarla in spiaggia, le donne si sa hanno bisogno del loro tempo e la loro intimità.   Enriquez controllava i bigliettoni che gli aveva dato El ciuccia per farlo entrare, gli aveva regalato anche una vecchia bicicletta arrugginita di origine italiana, la data raffigurava un 1972, non male da queste parti.    Francisco si diresse verso gli scogli, per ingannare il tempo  voleva cercare quelle enormi conchas per portarne una alla sua lei, subito dietro il grande scoglio sorprese il giovane polacco sudatissimo dopo il quotidiano jogging che si stava divorando un platò di tacos e tortillas, più o meno l’equivalente di cibo per sfamare un campo profughi di cento persone, fece finta di non averlo visto e proseguì con un leggero senso di nausea.   Arrivarono le 11, mancava solo un ora alla cerimonia e molti invitati erano già arrivati, chi sorseggiava succhi di frutta tropicale e chi era già cocktail alcoolici, erano quasi tutti italiani ospiti della struttura turistica che la coppia aveva conosciuto durante il soggiorno.  Il capitano del vascello quel giorno aveva poco da fare e allora non trovò niente di meglio che schiacciare un pisolino sotto una palma, dopo sarebbe andato anche lui alla festa, era stato invitato anche lui, naturalmente vestito da capitan uncino, aveva avvertito la moglie con i suoi nove figli a casa che sarebbe tornato più tardi.  Tutto era pronto ormai, anche il prete dell’iglesia locale era giunto, pareva un tipo molto allegro, l’enorme mantello colorato tradiva da una parte la vista di una bottiglia di rhum, ma la portanza sembrava ancora dignitosa.   Enriquez passeggiava nervosamente lungo il litorale, ancora più teso pareva il suo compare, donl tarci non approvava le facili iniziative di Enriquez, lui in simili occasioni, quando anche la policia locale era presente non avrebbe fatto entrare nessun ambulante, ma ormai doveva solo accettare la situazione, sperava solo che tutto sarebbe filato liscio.     Gli sposini stavano in posa davanti all’acqua facendosi immortalare da una fotografa, che poi avrebbe fatto parte dell’orchestrina del Ciuccia da lì a poco, il buffet era davvero ricco con ogni ben di Dio e, tutti compreso l’immancabile magnate polacco ne stavano approfittando.  Prima che il prete quasi completamente fradicio iniziasse la sua pappardella entrò in scena El ciuccia e la sua piccola band, la gente presente ebbe appena il tempo di rendersi conto di cosa succedeva, ma fu già troppo tardi.    “Parabàrababarabapà..parabàrabarabarapà..eh he..parabàparabarabarapà” Un inferno! i gabbiani fuggirono via borbottando, il prete abbozzò un sorriso e ctramazzò al suolo in coma etilico, i decibel emessi dai “ciucciadodores”, così si facevano chiamare, erano al limite massimo della sopportazione umana ma anche animale.    Laura si voltò intorno esterefatta, era un fuggi fuggi generale, cercò con lo sguardo Francisco e rabbrividì, era in preda ad una delle sue crisi, le pupille dei suoi occhi roteavano su se stesse, e cominciava a tremare sempre più forte, temeva il peggio.   El tarci non potendo fare più niente si limitò a svenire dietro un agave, era troppo surreale quello che stava succedendo, intervennero così quelli della policia locale, provarono a fermare El ciuccia, ma lui si girò di scatto e con una strombazzata fenomenale li lasciò sul posto inermi, Enriquez quatto quatto si diede alla chetichella verso la spiaggia, altri lo seguirono immaginando quello che sarebbe successo a breve.   Francisco era ormai fuori controllo, il rumore scatenava in lui una sorta di trasformazione, emetteva degli strani suoni e aveva la bava alla bocca, afferrò un macete che El verdureros usava per tagliare i cocchi edi diresse verso El ciuccia, nessuno aveva dubbi sulle sue buone intenzioni.   Fendeva l’aria col macete con ferocia cieca ma El ciuccia schivava tutti i colpi e non smetteva mai di suonare, solo un colpo di striscio gli tagliò un pezzettino di baffo, poi però vide che intorno a lui non era rimasto nessuno allora si rese conto della nuova situazione.   Enriquez, El tarci, quasi tutti gli ambulanti compreso il capitan uncino erano già sul vascello, El Tribulas stava per tagliare la corda che ancorava alla spiaggia l’imbarcazione, a nuoto anche il gendarme Octavio tentava di salire a bordo, ormai anche lui doveva scappare di lì.   El ciuccia con la sua gente si era premunita, prima di arrivare lì quella mattina avevano nascosto una lunga piroga tra le mangrovie dietro la baia, salirono a bordo e pagaiando a più non posso arrivarono in tempo prima che il vascello salpò.   Laura nel frattempo era riuscita a calmare Francisco, erano rimasti solo loro e regnava un silenzio surreale, il silenzio dopo la tempesta.    Videro uscire dalla baia il vascello dei disperati, a suo modo codesti strani personaggi vollero salutarli per sempre salutandoli a modo loro, spararono un grande razzo nel cielo, il fumo formò la sagoma di un cuore, poi si trasformò ancora e prese le sembianze di un numero:il 69 !  Scomparvero all’orizzonte, Laura non ebbe il coraggio di maledirli per la festa rovinata, in fondo era stata lei a progettare il tutto, anzi avrebbe sperato che questi fossero ritornati nella loro terra.  Francisco aiutò il prete a rialzarsi, gli offrì una birra per riprendersi, consumarono lo stesso il loro matrimonio, fu ancor più bello di come se lo erano immaginato, una splendida baia deserta e silenziosa, i gabbiani tornarono un pò diffidenti, ma poi non videro trombe in giro e si rilassarono al sole del Mexico.

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” IL PREZZO DELLA FUGA ”

Lavorava nei bar a luci rosse dei bassifondi di Varsavia, per sbarcare il lunario alle volte prestava dei servizi come intrattenitrice presso i penitenziari di tutta Europa, era abituata a trattare con i peggiori energumeni.   Il Ciclone la conosceva dall’infanzia, quando seppe che era stata designata per la festa di fine mese nel suo carcere, gli spuntò un ghigno sul labbro inferiore.   la corporatura di quella donna era abbastanza robusta sebbene avesse quel viso dolce, forse era la sua parrucca arancione a conferirgli quel nonsoché di esotico, quella sera si sentiva mille occhi addosso, i carcerati del distretto 69 sembravano apprezzare molto l’esibizione.   Nella pausa dell’intervallo, il Ciclone l’avvicinò con discrezione sussurandogli nell’orecchio la sua folle proposta, gli indicò il posto dove si sarebbero trovati a fine spettacolo e si sedette di nuovo tra il folto e bavoso pubblico.  Alle 22 quando suonò la sirena della ritirata in cella tutti si diressero verso l’uscita, le guardie non erano molto attente quella sera perché come da copione aspettavano il loro turno per approfittare anche loro delle grazie di Hulka la ballerina.   Il Ciclone si sforzava di tirare dentro la pancia, si era depilato alla perfezione e la parrucca arancione gli calzava a pennello, ma le sue gambe tremavano, era arrivata la parte più difficile del suo piano, se avesse fallito non osava pensare alle nefaste conseguenze, soprattutto le più immediate.   Prima che la prima guardia tentasse di allungare le sue manacce sulle sue gambe, lui sferrò il primo colpo nei paesi bassi del secondino, ci vollero pochi minuti per sistemare gli altri, dopo fu facile scavalcare i contrafforti del bastione roccioso, il buio lo aiutò.   Quando arrivò lassù tirò un sospiro di sollievo, Hulka non lo aveva tradito,  gli aveva lasciato una bicicletta tra gli arbusti, la afferrò al volo e si fiondò verso la valle come una libellula, ancora poco e sarebbero stato un uomo libero.   Quando entrò in quel locale si era già levato tutti gli abiti scomodi a discapito di un passante al quale aveva rubato i vestiti, ma commise un fatale errore, non si ricordò che in quel bar lavorava un personaggio a lui molto noto.    Lo chiamavano il mago, un vecchio compagno di bicicletta del Ciclone, sino al momento che gli rubò la scena, quella volta se la legò al dito e decise che un giorno gliel’avrebbe fatta pagare.   Nonostante il Ciclone fosse cambiato negli anni, il mago lo riconobbe subito, Hulka che gli era seduta di fianco sorrise poi ridiventò seria, si alzò, senza la sua parrucca non era così attraente anzi, era quasi pelata, anche i suoi lineamenti non erano pù dolci ora.  Il Ciclone allargò le braccia quasi volesse scherzarci su, in fondo gli aveva solo rubato una  parrucca, ma per lei voleva dire tutto, lavoro ecc..  Il mago in quel locale promuoveva spettacoli di lap dance, quella sera Hulka che era priva della sua parrucca non poteva prestargli servizio, un disappunto, ma il Ciclone arrivò al momento giusto, lo afferrò e lo rivestì quasi com’era qualche ora prima e cioè da ballerina, naturalmente con la sua parrucca arancione, non era un gran bel vedere ma evidentemente ad alcuni spettatori in sala poteva bastare, sopratutto a quelle due guardie del penitenziario, le quali non potevano credere ai propri occhi nel rivederla.   Quello che successe dopo in quel locale ve lo lasciamo immaginare, ma ci riesce difficile pensare che il Ciclone si sia divertito come primo giorno di libertà.

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TUTTO SUL DUATHLON

Fra una settimana andarà in scena l’inedita prova del duathlon e allora vogliamo farvi presente alcuni dettagli sulla frazione.  Prima di tutto è meglio ricordare che la prova si vince come a Pregasina l’anno scorso solo dopo l’estrazione delle tre fascie d’arrivo, in pratica si formeranno a fine tappa squadre di tre persone alle quali verranno abbinati i loro tempi di gara, la somma dirà la vera posizione finale di tappa.    La tappa avrà la partenza in bici dalla base della strada del bastione ( circonvallazione ) per arrivare in sella proprio al bastione dove si lascerà la bici ( una persona costudirà le bici e prenderà i tempi finali: CERCASI ).  Si proseguirà a piedi per il sentiero di s.barbara sino alla svolta della tagliafuoco che porta alla maddalena, si terrà sempre la destra sino a piegare dalla maddalena in giù per poi ritornare all’arrivo del bastione tenendo sempre la destra ( fare attenzione infatti a non prendere un bivio che porterebbe giù a sinistra ).  Tempo medio della prova dai 30 minuti ai 45.  Non consigliabili scarpette da bici tacchettate onde evitare ruzzoloni.  Ora di partenza : alle 15, quindi ritrovarsi alla base almeno 10 minuti prima.

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“IL PONTE SUL FIUME GUAI”

In guerra il nemico si combatte senza esclusioni di colpi, ma quando ti trovi insieme a lui in una trappola mortale, potresti diventare addirittura suo amico, alla ricerca comune della salvezza…..

Si sprofondava lentamente ma inesorabilmente , le sabbie mobili non perdonano, più ti agiti e più ti vengono a mancare le forze e il terreno sotto i piedi, erano ormai gli ultimi tentativi per superare quel maledetto ponte tibetano, i quattro sciagurati si aggrappavano solamente alla promessa dell’ingeniere, se avesse superato l’ostacolo li avrebbe tirati fuori di lì.    Lui riuscì con un colpo di reni della disperazione a sorvolare il ponte, la sua creazione aveva mietuto vittime illustri ma non immaginava di rimanere intrappolato anche lui, non lo sfiorò nemmeno e si levò un urlo di gioia e speranza nel pantano dei disperati, “Bravo, grande! dicci come fare ora, facci uscire!” ma di rimando nessuna risposta, l’ingenier Tribula si era già dileguato tappandosi le orecchie dai rimorsi.   Il Ciucciarode, l’Aldo G e L’ombroso non potevano crederci, con la sabbia ormai sotto il mento non poterono far altro che imprecare, le loro urla di rabbia suonavano ancor più tragiche col rimbombo dell’eco, mentre l’ingeniere cercava di accodarsi facendo finta di niente al gruppo.   Se fossero usciti di lì gliel’avrebbero fatta pagare cara, lui lo sapeva e così lasciò cadere un candelotto esplosivo dietro le sue spalle per far tacere i rimorsi.   Non si sa come, ma alla fine riuscirono a sopravvivere, si dice che uno di loro scavò un tunnel sotterraneo, alcuni dissero di averli visti volare, ma è verosimile pensare che il ponte crollò prima della fine, e che loro arrancarono con le ultime energie rimaste.   Al traguardo ci fu la conta, ogni volta che lo speaker giullare scandiva i nomi degli altri tre, l’ingeniere  camuffava la voce in falsetto dichiarandoli presenti, tra tutto il vociare e le polemiche non si capiva niente, solo lo speaker continuava a cercare con lo sguardo uno dei tre.   Tra i barconi galleggianti legati assieme all’arrivo spuntarono delle strane bolle d’aria, il fiume putrido  e le luci fioche della sera non permettevano di scorgere quelle sagome, Come una carpa imbronciata il Ciucciarode sputò acqua mista a fango riemergendo,  afferrò il polpaccio del Tribula e lo trascinò nella melma, L’ombroso fece il resto, ma prima che si consumò la tragica vendetta sul fiume, lo speaker si tuffò a sua volta col megafono acceso,   lo salvò da una fine certa, ma la punizione che gli venne inflitta se la ricordò per tutta la vita.   Certi personaggi espiano le proprie colpe facendo lavori socialmente utili, il Tribula da qualche anno mette a servizio il suo genio gratis alla ” Lego”, costruendo ponti tibetani per i più piccoli.

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TUTTO SULLE BIGLIE

Pochi sono i giorni che mancano al tappone virtuale di quest’anno, la tappa delle biglie, una delle prove più divertenti di tutto il Tour de pance.  Come ben sapete, non si faticherà in sella alla bici, ma conterà la bravura nel far rotolare la propria biglia affrontando i vari ostacoli disseminati sul tracciato, che ricordiamo sarà sul campo di beach volley dei sabbioni. Qui sotto vi proponiamo una sorta di regolamento al quale ognuno dovrà prender visione, onde evitare incidenti di ordine pubblico su litigate inutili…

REGOLAMENTO  GIOCO  BIGLIE

-        Possono partecipare tutti i cinghiali in regola con

il tesseramento 2014 al TOUR DE PANCE

-        Il cinghiale iscritto  parteciperà inizialmente ad una  batteria dove i primi 3 arrivati andranno a disputare la finale.

-        I cinghiali classificati dal 4° al 6°posto parteciperanno  alla finalina.

-        In raro caso di scarsa adesione si riserva la possibilità di modificare le quantità di cinghiali ammessi a finali e finaline.

-        La batteria avrà inizio con un ordine di partenza che verrà mantenuto per tutta la durata della gara.

-        Se si verificheranno ostruzioni in  pista tra biglie sarà il direttore gara tramite un apposito misuratore di distanza stabilire l’eventuale rimozione temporanea della biglia posteriore o anteriore del proprio avversario.

-        Se il cinghiale al suo turno tira fuori dal percorso,riposiziona la biglia e attende il prossimo tiro

-        Vince chi a parità di tiri arriva con la biglia più lontano dopo la linea del traguardo

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” IL PATTO COL DIAVOLO “

In prigione non sempre puoi scerglierti i compagni, specialmente quelli di cella, solo il tempo può essere arbitro se quella che hai avuto sarà stata o no una buona compagnia.      Il dott. Premuri, chirurgo estetico di una rinomata clinica di provincia, questa volta l’aveva combinata davvero grossa, ora nessuna condizionale poteva salvarlo dalla gattabuia, avrebbe scontato una pena di 8 anni.    Un mese prima, in una delle sue giornate di lavoro, durante un intervento di routine per una liposuzione di una delle sue innumerevoli pazienti alquanto formose, si era assentato sicuro del buon operato dei suoi colleghi ( peraltro abituati a sostituirlo previa una robusta mancia), si diresse già in tenuta da biker verso il suo campo di allenamento, una collina sovrastante la clinica.     Il suo cellulare gli avrebbe consentito la reperibilità nel caso di un improbabile emergenza, in meno di 10 minuti sarebbe piombato a valle, sempre se il telefono non lo avrebbe tradito, o ancor peggio se una fatidica distrazione l’avesse portato a non caricare la batteria come infatti successe.     Quella mattina il dottore si sentiva più in forma del solito, e osò salire ancor più in alto, alternando qualche ripetuta per scaldare la gamba, ignaro di quello che lo stesse aspettando prolungò la sua gita per un altra mezz’ora, fu l’uscita più cara della sua vita.       Le forze dell’ordine lo aspettavano all’entrata della clinica, inutilmente i suoi colleghi avevano cercato di contattarlo, la liposuzione in atto per causa di una strana composizione del ph della paziente si era trasformata in una tragedia, velocemente la donna si era trasformata in una sorta di iguana, non morì ma fu trasportata presto allo zoo safari, il dottor Premuri già recidivo in passato ( vedi capitolo del 2009 ), crollò in ginocchio.      Il suo nome era diventato famoso grazie ai fatti recenti accaduti intorno allo stadio olimpico della capitale, lo chiamavano “Jonny a’ carogna”, il sedicente ultras napoletano era stato trasferito per ragioni di sicurezza in una carcere del nord italia e finì proprio in compagnia del dottore.    I due dopo qualche giorno di studio cominciarano a parlarsi e ben presto ebbero qualcosa in comune di cui parlare, erano entrambi appassionati di ciclismo, Jonny  seguiva da tempo le vicende del tour de pance quindi il dottore si sentiva rinfrancato, gli balenò addirittura un idea satanica in mente destinata a cambiare il corso degli avvenimenti.    Jonny conosceva le disavventure del dottore nelle tappe svolte all’alba, spesso scoppiava in risate irrispettose e anche il dottore non poteva dargli torto, era stato proprio maldestro, solo nel 2009 gli riuscì l’impresa, negli anni dopo la moglie ebbe il modo di rifarsi alle sue spalle, e quest’anno che era separato aveva tutte le carte in regola per vincere di nuovo ma si trovava nei guai.    Jonny gli confessò che in passato aveva desiderato essere un campione di ciclismo ma i risultati gli dettero picche, allora trovò sfogo ai bordi dei campi di calcio, primeggiando da leader, ma i suoi gesti atletici non si potevano narrare nelle enciclopedie dello sport.       Il dottor Premuri lo aveva quasi in pugno, faceva gioco sulla sua sensibilità, Jonny non era il mostro che i giornali descrivevano e poi si era accorto del suo interesse crescente al tour.     Il dottore aveva chiesto un permesso speciale per poter partecipare alla tappa dell’alba, ma inizialmente gli era stato negato, non per questioni di etica ( al tour partecipavano fior fior di criminali ), ma perché non aveva ancor maturato punti di buona condotta, poco male, con una delle sue gabole si ruffianò presto la mamma del direttore del carcere con una promessa di lifting sottobanco.    Quando ebbe il benestare dal direttore cominciò a tessere la sua rete, gli bastò passare una serata offrendo a Jonny una cassa di weizen, e tra una risata e l’altra gli strappò la agoniata promessa, un giro di telefonate con i suoi loschi amici della curva nord e il piano prese corpo.    Mancavano due settimane alla tappa, lui si allenava pedalando sdraiato piedi contro piedi con un Jonny sempre più paonazzo ma allo stesso tempo fiero di poter contribuire al probabile trionfo di uno dei suoi beniamini.    Finalmente il giorno arrivò, il dottore arrivò scortato con un cellulare blindato, scese con la tipica divisa da carcerato, che mai come in questo momento calzava a pennello, molti dei  suoi colleghi storsero il naso nel vederlo alla partenza, lui li salutò come sempre cordialmente.    Come aveva promesso Jonny lungo il tracciato si trovavano centinaia dei suoi camuffati da bravi ragazzi, ma se qualcuno avesse guardato bene avrebbe scorto un sacco di giocattolini poco promettenti, specialmente al tornante Deva, dove alcuni di loro erano assiepati sopra con mazze da baseball dietro i cespugli.   All’arrivo, in prima fila, la mamma del direttore che aveva guadagnato si e no trent’anni col ritocco astuto del dottore, aspettava mettendosi in mostra quasi fosse una star di holliwood, mentre il direttore anche lui presente, si domandava se per caso avesse sbagliato qualcosa.     Alla radio fioccavano accorati appelli agli spettatori di non toccare gli atleti, incoraggiarli sì ma non avvicinarsi troppo, intanto gli avvoltoi si addensavano sempre più sugli ignari ciclisti.   Pronti via ! il gruppo si era già spezzato in quattro tronconi già sulla prima rampa, naturalmente il dottore faceva parte del primo drappello, di questi personaggi pochi ricordarono cosa fosse successo in seguito.    Non badarono certo per il sottile gli ultras chiamati da Jonny nel fermare gli altri concorrenti, bastoni tra le ruote, uncini da macelleria e persino fioccine da pesca, decimarono i ciclisti, uno degli ultimi a cedere chiese ingenuamente dell’acqua ad uno di loro, fu scaraventato prontamente nel torrente sottostante, e spianò la strada alla fuga solitaria del dottore verso la vittoria.     Dopo cinque lunghissimi anni potè di nuovo alzare le braccia all’arrivo, dietro di lui un sinistro vuoto che significava semplicemente che nessuno sarebbe potuto arrivare, sirene d’ambulanza gracchiavano all’unisono con le trombe da stadio in tutta la valle.   Quando il dottore si apprestò a salire sul podio trionfale, si udì come uno scoppio di pneumatico, non se curò e si sbagliò di brutto, infatti quando stava per sollevare la coppa, i suoi occhi si posarono sui resti della mamma del direttore,  la sua esplosione era stata grottescamente confusa con quella dei palloncini a lato dell’arrivo, scherzi del lifting esagerato, ma almeno la signora si era goduta un giorno da star.     Il dottore non riuscì però a sollevare la coppa, le manette si strinsero ai polsi, fu portato via prima che il direttore in preda alla follia omicida lo travolse.    Al suo ritorno in carcere fu accolto come un eroe, ma il direttore fermo con le braccia conserte gli disse che aveva una sorpresa per lui, Quasi tutti i suoi colleghi del tour, almeno i meno malandati, lo aspettavano davanti alla cella, volevano felicitarsi con lui, era il minimo….

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“LA DURA LEGGE DELLA PALPEBRA”

Il dolore al polpaccio era lancinante, ma io cercavo di concentrarmi sul piacevole rumore proveniente dalle due ali di folla che assiepati ai lati carreggiata mi incitavano, ma tutta quella gente durava un battito di palpebra, poi si trasformava impietosamente in un vigneto di piante impassibili, neanche un pallido saluto al mio passare.  Tra una di raffica di vento e l’altra, un altro battito di palpebra ed ecco comparire l’elicottero sopra la mia testa, è l’elicottero della televisione, quello che quando sei in testa alla corsa non ti molla mai, solamente quando richiudi la palpebra per riaprirla, malauguratamente ti rendi conto che non si travvava altro che di un vecchio trattore carico di sterco, che ti lascia sul posto a doppia velocità senza appello.    “Sbrigati! muovi quelle chiappe dai !” Il mio direttore tecnico sa sempre quando incitarmi attraverso l’auricolare, certamente lui sa che mi sto giocando la vittoria per pochi secondi, la maledetta palpebra si richiuse involontariamente e nell’auricolare c’era solo la voce adirata di mia moglie.   Sognare ad occhi aperti è faticoso, c è sempre qualcosa o qualcuno che ti riporta sulla terra.  Lo puntavo da un bel po’, pensavo di doppiarlo più velocemente ma non arrivava mai, solo quando mi ridestai per l’ennesima volta mi accorsi che era soltanto un fottuto spaventapasseri impiantato al lato della strada, sembrava sogghignare, però non avevo neanche la forza di tirargli un cartone.   Finalmente il traguardo!  Lo dicono spesso alla televisione, non è bello toccare gli atleti quando sono sotto sforzo, probabilmente quella donna che tentava di placcarmi dopo la linea d’arrivo non aveva sentito quegli appelli, l’ennesimo battito di palpebra mi fece capire la cruda realtà, quel dolore al polpaccio che mi accompagnava era dovuto alla dentatura del volpino attaccato a me e la sua padrona non voleva chiedermi l’autografo, provai a chiudere e riaprire più volte gli occhi ma c’era poco di eroico in quello che mi circondava.

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